UnaBomber: colui che gettò nel panico l’Italia intera

2022-09-03 03:22:12 By : Mr. George Qiao

Chi era il misterioso autore degli attentati dinamitardi con ordigni che hanno ferito decine di persone? Dove si procurava gli esplosivi?

Negli anni ’90 e nei primi anni 2000 due regioni italiane, il Veneto e il Friuli, erano disseminate di bombe. Gli ordigni esplosivi venivano lasciati ovunque, per strada e in luoghi aperti al pubblico: sulle spiagge, nelle chiese, nei cimiteri, nei supermercati, per le strade e accanto ai cassonetti dei rifiuti. Si trattava di congegni ben camuffati, ed erano pericolosissimi, perché venivano inseriti dentro oggetti di comune uso, come bottiglie o confezioni di prodotti alimentari. Quelle insidiose bombe nascoste erano state progettate in modo da esplodere improvvisamente contro chi vi andava vicino e le toccava. Così hanno lasciato lesioni e menomazioni devastanti a numerose vittime. Nei 34 attentati compiuti dal misterioso criminale, molte persone hanno perso mani e occhi e riportato gravi invalidità permanenti. Purtroppo, tra le vittime di Unabomber ci sono stati diversi bambini coinvolti nelle improvvise esplosioni. La gente non era più sicura perché c’era il rischio che tutto ciò che toccava potesse scoppiare.

Chi era il responsabile di questi delitti? La persona non ha ancora un volto e un nome, ma ha un soprannome: Unabomber, colui che gettò nel panico l’Italia intera. È stata la stampa ad attribuirgli questo triste appellativo, in analogia con un celebre caso simile avvenuto qualche decennio prima negli Stati Uniti, che aveva visto come protagonista un pazzo terrorista, Theodore Kaczynski: inviava pacchi dinamitardi che esplodevano al momento dell’apertura. Non è facile catturare un criminale che si muove con irrazionalità e colpisce casualmente: l’Unabomber americano è stato ricercato per 18 anni mettendo in serie difficoltà l’FBI, che aveva messo una taglia di un milione di dollari su di lui. Alla fine è stato identificato grazie alle rivelazioni dei suoi familiari.

Tornando all’Unabomber italiano, le risultanze investigative indicano che ha sempre agito da solo e senza complici. Il suo profilo criminologico è complicato da ricostruire. Non è un terrorista, perché non aveva un movente politico; non era un uomo desideroso di apparire, perché non ha mai rivendicato i suoi gesti; ma non è stato considerato neppure un serial killer, perché non voleva uccidere (pur agendo a costo di farlo), ma soltanto ferire gravemente chi veniva a contatto con i suoi ordigni, e lasciargli lesioni permanenti.

Sicuramente, Unabomber era animato da un odio generalizzato e da un rancore violento e diffuso nei confronti dell’intera popolazione. Inoltre, ha colpito in modo sporadico e su un vasto territorio, che comprendeva due regioni italiane, il Veneto ed il Friuli Venezia Giulia, anche se la sua azione è stata più intensa nei territori di Pordenone e di Portogruaro.

Gli attentati dinamitardi compiuti da Unabomber sono stati più frequenti nei giorni di festa e durante la stagione estiva, ma non ha tralasciato alcuni eventi invernali, come il Carnevale. C’è stato anche uno stop di due anni nella sua attività, tra il 1997 e il 1999; ma neppure questa prolungata assenza ha aiutato gli inquirenti a identificarlo.

Il misterioso Unabomber era sicuramente un esperto di esplosivi: i suoi ordigni sono stati sempre preparati con cura e a regola d’arte, sia nell’uso dei materiali sia nella realizzazione delle trappole. I congegni erano progettati e realizzati in modo astuto, nascondendosi dentro oggetti di vario tipo e di comune uso; questo prova anche una notevole creatività criminale. Le bombe erano progettate per esplodere all’atto dell’apertura della confezione, o anche per semplice contatto o sfioramento; bastava prenderle in mano per innescare la deflagrazione della carica esplosiva contenuta all’interno.

L’ordigno con cui ha esordito Unabomber è stato un rudimentale tubo-bomba: si trattava di normali tubi da idraulico, tappati alle estremità e riempiti di materiali esplosivi facili da trovare in commercio, come la polvere pirica presente nei fuochi artificiali, la polvere da sparo delle cartucce da caccia e alcune sostanze diserbanti e fertilizzanti usate comunemente in agricoltura. In seguito, Unabomber è arrivato a usare anche composti chimici molto difficili da maneggiare, come la nitroglicerina: una sostanza che richiede particolare esperienza ed attenzione poiché esplode molto facilmente.

Col tempo, le tecniche utilizzate da Unabomber si sono fatte ancora più ingegnose e sofisticate: i metodi creati per nascondere l’esplosivo erano sempre diversi, con moltissime varianti, fino ad arrivare a oggetti di piccolissime dimensioni, che potevano essere tenuti in una mano e confusi con prodotti innocui. Questo non ha aiutato l’individuazione dell’artefice di queste terribili bombe, che trovava sempre nuove soluzioni per occultare i suoi ordigni in luoghi insospettabili, in modo da renderli sempre più insidiosi e da coinvolgere un maggior numero di vittime.

Molte vittime delle esplosioni degli ordigni creati da Unabomber sono rimaste mutilate o cieche. Un’anziana donna, che aveva raccolto per strada un tubo bomba, ha riportato lesioni gravissime. Lo stesso capitò qualche anno dopo a un pensionato che aveva preso in mano un congegno abbandonato sulla spiaggia: gli è esploso in faccia e lo ha mandato in coma. L’episodio più eclatante è avvenuto sulla spiaggia di Lignano Sabbiadoro nel 1996: Unabomber aveva piazzato l’ordigno all’interno di un ombrellone. Quando un bagnante lo ha raccolto, la bomba è esplosa; l’uomo ha perso una mano e ha rischiato la vita perché l’esplosione gli aveva reciso l’arteria femorale.

La crudeltà di Unabomber non ha risparmiato nemmeno i bambini, che, anzi, erano tra le sue vittime preferite: una volta, durante i festeggiamenti per il Carnevale, ha inserito un ordigno in una confezione di stelle filanti. Per fortuna è rimasto inesploso. Una bambina di nove anni aveva trovato un pennarello evidenziatore; quando lo ha aperto, è scoppiato, danneggiandole gravemente le mani e gli occhi. Un altro bimbo, invece, è rimasto ferito dalla detonazione di un tubetto di bolle di sapone.

Unabomber era arrivato a inserire l’esplosivo anche nelle confezioni degli ovetti Kinder sorpresa. Nei primi anni 2000, Unabomber ha iniziato a colpire nei supermercati, nascondendo gli esplosivi all’interno di confezioni di prodotti, come un tubetto di salsa di pomodoro che ferì gravemente alla mano una donna che lo aveva acquistato. È andata meglio ad un altro cliente, che ha scoperto per caso la bomba dentro a un tubetto di maionese, prima di aprirlo: l’oggetto era insolitamente duro.

Si è salvato anche l’acquirente di un vasetto di Nutella, che appena aperto è esploso senza colpire nessuno. Unabomber aveva una grande creatività criminale: il giorno della commemorazione dei defunti, nel 2001, ha piazzato una grossa bomba in un cero pasquale, ferendo gravemente alle mani e agli occhi la custode del cimitero. Qualche anno dopo, nella stessa zona, una bambina di sei anni è rimasta ferita alle mani e al viso accendendo una candela votiva riempita di esplosivo. Le bombe, infatti, venivano piazzate, in modo apparentemente casuale, in qualsiasi luogo: per strada, nei negozi ed anche nei cassonetti della spazzatura, nei bagni degli uffici pubblici e nelle chiese. Nel 2005, durante la messa di Natale nel duomo di Pordenone, una bomba scoppiò tra i fedeli, fortunatamente senza lasciare vittime.

La popolazione, specialmente quella del Nord-Est d’Italia, era allarmata dalle continue azioni di Unabomber. Viveva nel terrore e non si sentiva sicura neanche in casa perché c’era il rischio che qualsiasi prodotto acquistato dal negoziante di fiducia potesse esplodere. Furono messe delle taglie di parecchie decine di migliaia di euro in favore di chi avesse scoperto il colpevole; non c’è riuscito nessuno, ed anzi Unabomber, per sfida, ha colpito violentemente proprio in un piccolo paese sul Piave, Fagarè, in cui un imprenditore aveva bandito una taglia di 50mila euro a chi forniva informazioni utili a catturare il criminale.

Finalmente, nel 2006, Unabomber ha smesso di piazzare esplosivi in giro e da quel momento non ci sono stati più attentati. Gli ultimi due dei quattro commessi in quell’anno erano falliti: una bomba alla nitroglicerina, piazzata sotto il sellino di una bicicletta, non era esplosa a causa della pioggia e una bottiglia pronta a scoppiare, lasciata su un litorale, non era stata raccolta dai passanti. Questo però non significa poter stare tranquilli: tutt’oggi, il colpevole non è mai stato individuato e, dunque, potrebbe essere ancora in circolazione. L’incubo non è ancora finito.

Le azioni delittuose di Unabomber non hanno un chiaro movente che le unisce: ha agito su un territorio molto vasto ed ha sempre colpito in maniera frammentaria e quasi casuale, bersagliando fasce di popolazione diverse, dai bambini agli anziani, senza mai individuare vittime preordinate. Gli bastava colpire estranei presi a caso. Tutto questo ha penalizzato notevolmente le indagini, perché un movente preciso aiuta moltissimo a restringere il cerchio dei sospettati. Si è pensato ad un uomo che agiva in maniera isolata e che programmava i suoi delitti di volta in volta, senza una strategia di fondo se non quella di colpire vigliaccamente chiunque maneggiasse i suoi ordigni.

Gli inquirenti hanno seguito a lungo la “pista militare”, ipotizzando che il responsabile fosse un soldato, italiano o statunitense, in servizio presso la base aerea di Aviano (l’interruzione degli attentati tra il 1996 e il 1999 coincideva con il periodo della guerra in Kosovo); ma non sono mai trovati riscontri concreti.

L’unica cosa certa è che Unabomber è un individuo di sesso maschile, come dimostrato dalle tracce di Dna acquisite sui reperti, ed ha una personalità deviata: secondo i criminologi che si sono occupati del caso, è affetto da disturbi paranoidi e schizoidi e da manie ossessive e compulsive. Molto probabilmente vive nel Nord-Est dell’Italia, nell’ampia zona dove si concentrano tutti i suoi attentati.

Ben cinque procure della Repubblica (Pordenone, Venezia, Trieste, Treviso e Udine) si sono occupate del caso Unabomber, per la competenza territoriale attribuita in base agli attentati; tuttavia, le indagini non sono mai state unificate in un unico centro e non è stata creata una task force specializzata, ma solo un coordinamento investigativo. Quindi, non è mai stata realizzata una rete informativa unica e ciascun nucleo investigativo ha agito in base agli elementi raccolti nel proprio territorio. Solo negli ultimi anni si è avuto l’intervento dei reparti specializzati delle forze dell’ordine: sono arrivati i Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) e i Ros (Raggruppamento Operativo Speciale) dei Carabinieri, e lo Sco (Servizio Centrale Operativo) e l’Uacv (Unità di Analisi del Crimine Violento) della Polizia di Stato. Ma nonostante ciò le indagini non hanno mai avuto una svolta.

Il principale sospettato finito nel mirino degli inquirenti è stato Elvo Zornitta, un ingegnere friulano in possesso di grandi competenze tecniche nel settore degli esplosivi e che per motivi di lavoro frequentava abitualmente le zone degli attentati. Tuttavia, gli episodi proseguirono anche negli anni in cui Zornitta era indagato e strettamente sorvegliato dalla Polizia: ne furono commessi almeno cinque, e la mano era quella di Unabomber, non di suoi improbabili emulatori. Durante quel periodo, il comportamento di Zornitta non aveva mostrato anomalie e non era riconducibile ai nuovi crimini. Inoltre, l’ingegnere aveva solidi alibi per tutte le date in cui erano stati commessi i precedenti attentati.

Anche i test del Dna compiuti sui reperti hanno dato esito negativo: il materiale organico non era riconducibile a lui. La posizione di Elio Zornitta è stata, infine, archiviata, dopo la scoperta da parte del suo difensore, avvocato Paniz, di un clamoroso falso commesso da un poliziotto per incastrarlo: l’agente aveva alterato le lame di un paio di forbici sequestrate a Zornitta per farle corrispondere con i tagli presenti sulla lamiera di un ordigno collocato da Unabomber. Il poliziotto che aveva manipolato le prove è stato condannato in via definitiva. Intanto, il vero Unabomber è ancora ignoto.

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