Quando Omegna voleva dire Moka c’era un volta la città delle caffettiere - La Stampa

2022-09-03 03:23:10 By : Ms. Crystal He

Sulle rive del lago d’Orta sono nate le “macchinette” di Bialetti e Alessi diventate iconiche

Per quasi un secolo è stata chiamata la città delle pentole e delle caffettiere. In particolare era la capitale della Moka, che sulle rive del Lago d’Orta è stata inventata. Ma oggi a Omegna «non si beve più caffè», o meglio non si fabbricano (quasi) più caffettiere. La Moka non era mai esistita prima di Alfonso Bialetti, il figlio Renato l’ha poi lanciata in tutto il mondo anche grazie al «Carosello».

Con prodotti come Bialetti prima e oggetti di design Alessi dopo, Omegna ha avuto una forza vitale che, purtroppo, con l’arrivo del terzo millennio si è notevolmente affievolita. La svolta industriale della città natale di Gianni Rodari rimanda agli Anni 40 e a quel ribollire di idee e di fabbriche che avevano trovato nel piccolo oggetto del casalingo una ragione del boom del Dopoguerra.

Irmel aveva un progetto singolare, in un pezzo unico: la «Gemelli», caratterizzata dalla parte superiore in ceramica. Poi Alfa Tracanzan inventò la caffettiera in acciaio inossidabile, quindi arrivarono Lagostina e Alessi, e ancora tanti piccoli artigiani.

Per vivere una seconda giovinezza, la caffettiera è diventata anche oggetto d’arredo. Alberto Alessi, nipote da parte materna di Alfonso Bialetti, al celebre nonno nel 2011 dedicò la «MokAlessi» chiamando a disegnarla Alessandro Mendini.

L’azienda Alessi, un po’ la Ferrari del casalingo, negli anni ha messo in produzione una serie di oggetti iconici ideati da celebri designer. La prima caffettiera era stata nel 1979 la «9090», in acciaio inossidabile con fondo magnetico, disegnata da Richard Sapper. «Era la prima volta probabilmente - ricorda Alberto Alessi -, che una caffettiera usciva dalla cucina per essere portata direttamente in tavola con orgoglio». Sono seguite la «Conica» by Aldo Rossi col fondo in rame, era il 1984, e cinque anni dopo «La Cupola».

Ci sono anche piccole opere d’arte, come la «Ossidiana» ideata da Mario Trimarchi nel 2014, la successiva «Pulcina» uscita dalla mente di Michele De Lucchi, per arrivare alla «Moka» di David Chipperfield del 2019 e infine («ma non sarà l’ultima», garantisce Alberto Alessi) la «Barkoffee» disegnata da Donia Maaoui e Michel Boucquillon lo scorso anno.

Ne ha fatta, dunque, di strada quella «macchinetta», così come la chiamava Renato Bialetti, in un secolo di vita.

«Macchinetta» che a Omegna non solo è stata prodotta per decenni, ma proprio nella città cusiana ha avuto origine. Era stato il padre del celebre «omino con i baffi» ad avere negli Anni 30 l’intuizione di costruire un particolare strumento per fare il caffè osservando le donne impegnate a fare il bucato sulle rive del lago d’Orta. In un’epoca in cui le lavatrici non c’erano, loro utilizzavano un mastello con il fondo bucato: sotto, in un altro contenitore, mettevano cenere e sapone, la cosiddetta «lisciva», c he a contatto con l’acqua «bolliva» facendo schiuma e salendo nella parte superiore dove c’erano il bucato da lavare.

Esattamente il principio di funzionamento della caffettiera. Ma se Alfonso l’ha inventata nel 1933, è Renato ad averla fatta entrare nelle case grazie a un’altra intuizione innovativa per il Dopoguerra: puntare sulla pubblicità, e in quel tempo non c’era miglior volano del Carosello. Era il 1953 quando venne lanciata l’immagine dell’omino coi baffi, un’idea del fumettista Paul Campani, ispirata proprio al viso di Renato Bialetti. Divenne un tormentone, utile a rendere la Moka ancora più popolare tra gli italiani.

Ma i numeri nel frattempo sono cambiati. Oggi Alessi produce 100 mila caffettiere l’anno. E intorno a lei resistono poche piccole aziende artigiane, capaci però di personalizzare il lavoro. Un esempio è la «Fi.Ma» di Mario Filippini, che ha creato un singolare modello con la parte inferiore in fusione di alluminio e quella superiore in legno. E poi c’è la versione con il cappello da soldato alpino, diventa un must tra le «penne ner e».

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