La casa della chimica dove lavorò Primo Levi - La Stampa

2022-07-16 01:56:54 By : Mr. Miss Rita

La voce de La Stampa

I giovanissimi sperimentano i cinque sensi visitando il museo appena inaugurato a Settimo Torinese nella palazzina della ex SIVA. A visita conclusa, consigliabili i libri di Beverina, Fuso, Tagliapietra, Bertacchi e Kevin Davis. Materiali vecchi e nuovi, biotecnologie, energetica: gli architetti delle molecole costruiscono il futuro

Da qualche giorno a Settimo Torinese la palazzina di via Leinì 84, già sede della fabbrica di vernici Siva, ospita un museo della Chimica. Secondo la moda astrusa delle sigle, l’hanno chiamato Mu-Ch, giocando con la parola inglese che significa “tanto”. Il pubblico a cui è destinato è quello delle scuole: dai 6 ai 12 anni. Ma, data la scarsa cultura scientifica del nostro paese, funziona bene anche per gli adulti. Ha 16 laboratori, coinvolge i visitatori in 29 semplici esperimenti (immancabili le bolle di sapone), la Tavola di Mendeleev tappezza una intera parete, dispone di una saletta per conferenze, un bar-chimico, un planetario.

Il MuCh (foto) è colorato, allegro, vuole essere divertente. E soprattutto ha salvato la memoria dell’edificio che ospitò gli uffici della ditta nella quale Primo Levi fu assunto poco dopo il ritorno da Auschwitz e dove lavorò fino alla pensione diventandone direttore generale. Quando decise di non essere più ogni giorno pendolare tra corso Re Umberto 75 e Settimo Torinese, eravamo nel 1974. L’azienda ebbe poi le vicissitudini di tante fabbriche italiane. Con l’ingresso di un socio cinese, nel 1996 buona parte della produzione si spostò a Tong Ling, città cinquecento chilometri a nord-ovest di Shangai; nel 1998 la nuova fabbrica fu ceduta a una società tedesca, l'Altana, e nel 1999 quest'ultima spostò la produzione ad Ascoli Piceno, chiudendo definitivamente la fabbrica di Settimo.

“Vantaggio illecito” Primo Levi considerava l’essere chimico di studi e di professione una sorta di “vantaggio illecito” per il suo lavoro letterario. “La chimica è l’arte di separare, pesare e distinguere: sono tre esercizi utili anche a chi si accinge a descrivere fatti o dare corpo alla propria fantasia, C’è poi un patrimonio immenso di metafore che lo scrittore può ricavare dalla chimica di oggi e di ieri, e chi non abbia frequentato il laboratorio e la fabbrica conosce solo approssimativamente”.

La varietà di prospettive sul mondo che la chimica genera si vede bene leggendo “Futuro materiale” di Luca Beverina (il Mulino, 170 pagine, 12 euro), professore di chimica organica all’Università di Milano Bicocca. Fin dalla prima pagina Beverina dà prova della sensibilità linguistica indotta dall’essere chimico distinguendo tra materia e materiale. La materia è grezza, un materiale è il prodotto del lavoro umano che ha sottoposto la materia grezza (Primo Levi parlava etimologicamente di “materia mater”, origine a tutte le cose) a un processo che può essere reversibile o irreversibile, con le tutte conseguenze economiche, sociali e ambientali che ne derivano.

Il pregio della leggerezza Divulgatore smaliziato, Beverina passa in rivista i nuovi materiali in funzione di come hanno cambiato le percezioni dei nostri sensi. Un televisore anni fa pesava come un baule, oggi lo spostiamo con due dita. La chimica dei dei semiconduttori ha liquidato valvole e tubo catodico, la plastica il legno, gli schermi a Oled sono sottili come un foglio di giornale, si possono piegare e arrotolare.

Leggera è anche la plastica, il “materiale che Dio ha dimenticato di inventare”. Ci hanno pensato il Nobel Giulio Natta e altri chimici dei polimeri dandoci un prodotto meraviglioso, solido, colorato, durevole. Chi non ricorda Gino Bramieri e la pubblicità del moplen? Ma noi l’abbiamo trattato con la mentalità consumistica dell’”usa e getta”, e così la plastica, che era una soluzione, è diventata un problema.

Un organo di senso rimosso ma fondamentale è l’olfatto. Le borse della spesa usa-e-getta, anche quando si tratta di Mater-B (quelle biodegradabili) hanno un odore caratteristico, dialogano con il nostro naso. Quelle non biodegradabili, bandite dai supermercati, conservano un sentore degli idrocarburi da cui derivano, le biodegradabili profumano vagamente di pane fresco.

L’indio nei touch screen Il tatto è sempre stato un senso importante e ora sta vivendo la sua epoca trionfale. Tocchiamo mille volte al giorno schermi di cellulari, tablet e computer docili al nostro tocco. Le dita non solo “digitano”, cosa ovvia, ma allargano, stringono, spostano, sfogliano. Il segreto sta in un elemento chimico scoperto nel 1863 da due chimici tedeschi che poi litigarono per attribuirsi l’impresa in esclusiva. L’indio non è raro, c’è più indio che argento. Ma è scarso, nel senso che è distribuito un po’ dappertutto ma in piccole quantità, sotto forma di ossido. Insomma, non ci sono miniere di indio che ne renderebbero comoda l’estrazione. Rimasto senza valore commerciale fino a pochi anni fa, con l’invenzione dei touch screen, oggi l’indio è diventato preziosissimo e, manco a dirlo, il maggior produttore è la Cina.

Al senso dell’udito si rivolgono i metalli. A seconda dell’elemento chimico, del trattamento che ha subito, della lega, i metalli risuonano in tanti modi diversi, dal clangore delle spade ai rintocchi delle campane, agli ottoni delle orchestre.

Lingua, naso, occhi Passando al gusto, strettamente connesso con l’odorato – sono i nostri due organi di senso chimici, legano direttamente le molecole volatili alle terminazioni nervose della bocca e del naso – entriamo nel campo vastissimo dei materiali commestibili. Tanto per dire, vino, formaggi e birra, sono biotecnologie. A tavola, poi, anche l’occhio fa la sua parte, l’impiattamento di un antipasto o di un dolce ormai compete con la pittura.

Infine l’energia. La chimica ha un ruolo essenziale: risparmio energetico con materiali isolanti, batterie al litio per innumerevoli dispositivi elettrici, dal cellulare all’automobile, materiali fotosensibili per la fotografia e la ricerca scientifica, pannelli fotovoltaici, le promesse del grafene.

La moderna scienza dei materiali ha trent’anni. Ma la sua storia è antichissima. Un altro chimico divulgatore, Silvano Fuso, ce ne parla nel libro “Il segreto delle cose” (Carocci editore, 255 pagine, 19 euro). Il “segreto” è che anche i materiali più arcaici, come la pietra e il legno, si rinnovano continuamente nei loro utilizzi. Leghe metalliche e vetro rimangono fondamentali. Materiali “maturi” si uniscono nei “compositi” offrendo nuove opportunità di utilizzo. A scala nanometrica (un miliardesimo di metro) i materiali acquisiscono insospettabili proprietà, per esempio il biossido di titanio è sbiancante, autopulente, termicamente isolante, riflettente, utile in farmaceutica, fotocatalizzatore. Curioso ed estroso, di Silvano Fuso è anche da segnalare “Quando la scienza dà spettacolo. Breve storia scientifica dell’illusionismo”, scritto con Alex Rusconi, prefazione di Raul Cremona (Carocci, 234 pagine, 18 euro). Naturalmente Fuso non dimentica di essere un chimico: vedi le pagine sul cloroformio e sull’etere.

50 grandi idee Qualche suggerimento per approfondire. Le biotecnologie sono un grande capitolo a sé. Toccano l’alimentazione, la salute, l’agricoltura, la produzione di cibo, la lotta all’inquinamento, il trattamento delle acque e dei rifiuti, il restauro, l’estrazione dei minerali, la tecnologia dei sensori. Leggere “50 grandi idee: biotecnologie” di Stefano Bertacchi (Edizioni Dedalo, 210 pagine, 18 euro) farà capire come siano miopi certi pregiudizi che hanno cercato di demonizzare sviluppi scientifici di grande importanza per il miglioramento della qualità della vita. Lettura impegnativa ma importante, "Riscrivere l'umanità. La rivoluzione CRISPR e la nuova era dell'editing genetico": una tecnologia biochimica che nel 2020 ha dato il premio Nobel a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna e che avrà enormi sviluppi. 

Per ciò che riguarda l’energia e la chimica annessa nella più recente prospettiva geopolitica, Simone Tagliapietra ha scritto per il Mulino “L’energia del mondo” (157 pagine, 12 euro), Quanto ai minerali strategici (litio, indio, tantalio…) finiti nel monopolio della Cina, è consigliabile “Terre rare” di Sophia Kalantzakos (Bocconi Editore).