Cos'è la shrinkflation, il fenomeno che restringe le confezioni (ma non i prezzi) | Altroconsumo

2022-09-10 05:37:59 By : Ms. Lina Jiang

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Le confezioni si fanno più piccole e il contenuto diventa più leggero, ma il prezzo non scende. Da un punto vendita all'altro cambiano i formati dei prodotti e la spesa aumenta. Si chiama shrinkflation ed è un fenomeno a cui fare attenzione tra gli scaffali dei supermercati. Grazie alla community degli ACmakers siamo riusciti a fare luce su questa tendenza su cui indaga ora anche l'Antitrust: vediamo come funziona e quali sono i casi più comuni.

Il fenomeno è piuttosto evidente sui prodotti che acquistiamo abitualmente: le confezioni si fanno più piccole e il peso del contenuto si fa più leggero. Il prezzo, però, non segue sempre la stessa logica. Spesso è più facile accorgersi anche di piccole variazioni di formato e di quantità se si tratta di prodotti che acquistiamo di frequente oppure che fanno già parte della nostra spesa abituale. Eppure in tantissimi casi questi cambiamenti rischiano di passare inosservati, almeno fino quando non si arriva in cassa e si scopre che lo stesso prodotto, oltre a essersi "ristretto" spesso costa anche di più. Si chiama shrinkflation ed è il fenomeno che, in un periodo in cui si deve fare i conti col caro-vita e con i rincari dei prodotti alimentari, rischia di disorientare il consumatore e di alleggerire ulteriormente le sue tasche. 

Il neologismo shrinkflation (in italiano "sgrammatura") deriva dall'unione di due termini inglesi: il verbo "to shrink", ovvero restringere, e il termine "inflation" (inflazione), ovvero la crescita generale dei prezzi. Si tratta di un fenomeno che si osserva ormai da anni e che consiste nella tendenza dei produttori a ridurre la quantità di prodotto all'interno delle confezioni, mantenendo però il prezzo sostanzialmente invariato. In altri casi, invece, il prezzo della confezione subisce, seppur in misura limitata, un aumento a fronte della riduzione del suo contenuto. È uno stratagemma per aumentare i prezzi in maniera poco trasparente, senza che un consumatore poco attento se ne accorga.

Nonostante un'attenzione mediatica conquistata principalmente negli ultimi mesi, in realtà il fenomeno della shrinkflation non è una novità neanche in Italia. Secondo l'Istat già tra il 2012 e il 2017 i casi di variazioni di peso o di riduzione delle confezioni dei prodotti sono stati in totale 7.306. Lungo lo stesso arco temporale sono stati invece quasi 5.000 i prodotti che hanno subito non solo una modifica del confezionamento, ma anche di prezzo. Quali sono le categorie merceologiche più impattate dalla shrinkflation? Il fenomeno è piuttosto trasversale e coinvolge diverse tipologie di prodotti: dolciumi, marmellate, cioccolato e miele, ma anche pane, cereali, detersivi e prodotti per l'igiene personale. 

Come riconoscere i prodotti oggetto di shrinkflation? Come prima cosa, è bene precisare che si tratta di un fenomeno più complesso che ha diverse declinazioni. Grazie alla collaborazione della community degli ACmakers, il progetto che permette di partecipare in prima persona ai nostri test e sondaggi, abbiamo raccolto diversi casi che ci hanno aiutato a fare luce sul fenomeno. 

Tra i prodotti segnalati troviamo le confezioni di Philadelphia light (passate da 200 a 190 grammi), di Kinder Brioss (da 280 a 270 grammi), di Krumiri Bistefani (da 300 a 290 grammi), di bibite Spumador (da 1,5 a 1,15 litri) e di fazzoletti usa e getta, il cui contenuto in ogni singolo pacchetto è passato in molti casi da 10 a 9 fazzoletti. Attenzione, però, perché non tutte le riduzioni dei formati sono uguali e, paradossalmente, in alcuni casi potrebbero anche essere valutate in maniera positiva. È il caso del tonno in scatola la cui riduzione di peso ha interessato il solo contenuto di olio, mantenendo lo stesso quantitativo di pesce sgocciolato. 

Il tema è piuttosto caldo e di recente anche l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un'istruttoria per verificare che le strategie adottate dai produttori non possano costituire una pratica commerciale scorretta e violare così il Codice del Consumo. L'Antitrust accerterà la trasparenza di queste modifiche che, se non corredate da un'etichetta esplicativa, saranno oggetto di un approfondimento. In attesa di capire quali saranno le decisioni dell'Autorità, Altroconsumo continuerà a vigilare sui nuovi possibili casi di shrinkflation tra gli scaffali dei supermercati.

Grazie alla partecipazione della community degli ACmakers siamo riusciti a raccogliere anche altri casi di pratiche messe in atto dai produttori. Non possiamo definirle come esempi di vera e propria shrinkflation, ma sono la dimostrazione di come possa essere sempre più difficile fare scelte consapevoli quando si va a fare la spesa. Vediamo i casi più comuni tra gli scaffali.

Nel primo caso rientrano le strategie commerciali delle marche che immettono sul mercato il formulazioni speciali o ricette premium, riducendone il contenuto rispetto alla versione classica. Con questa strategia, il produttore riesce a mantenere il prezzo della confezione in linea con quello standard, garantendosi così una platea di acquirenti potenzialmente più vasta, pur commercializzando confezioni con quantità di prodotto inferiori.

Uno degli esempi più lampanti è quello delle Gocciole, popolarissimi biscotti per la prima colazione a marchio Pavesi. Il prodotto con gli anni si è evoluto, proponendo diverse alternative: al cocco, caramello, wild o extradark. Fin qui niente di strano, se non la volontà di fornire al consumatore una variante di prodotto. Peccato che, una volta arrivati in cassa, si debba fare i conti con confezioni che apparentemente sono molto simili tra loro per dimensione, ma sono profondamente diverse nel contenuto e nel prezzo. Se scelgo una confezione di Gocciole Caramel il rischio è di spendere fino al 116% in più rispetto alla ricetta classica (500 grammi), pagando i biscotti nella variante al caramello oltre 9 euro al chilo, con 200 grammi di biscotti in meno.

Le Gocciole Pavesi non sono l'unico prodotto a essere stato fagocitato dalla tendenza di mettere in commercio prodotti speciali dello stesso marchio, puntando su una quantità ridotta. Oltre al caso dei biscotti, i nostri ACmakers hanno segnalato anche il caso di Barilla. A titolo di esempio, prendiamo un pacco di fusilli: una confezione del formato standard da 500 grammi per la linea classica costa 0,99 euro e una di quelli integrali costa 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" con lavorazione grezza, sugli scaffali è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto ai fusilli classici o integrali) al prezzo di 1,35 euro.

Quelli delle Gocciole Pavesi e di Barilla non sono gli unici esempi: ecco gli altri casi raccolti:

Il secondo caso riguarda gli stessi prodotti venduti in formati diversi, a seconda del punto vendita. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo. Per alcuni prodotti come bibite, ma anche detersivi, ammorbidenti e prodotti per l'igiene personale (per esempio gli assorbenti), possono essere presenti in assortimento formati differenti a seconda delle insegne dei supermercati. Quindi spesso si è costretti ad acquistare una confezione più piccola perché l'unica disponibile nel punto vendita visitato, mentre per approfittare di una confezione con una quantità maggiore di prodotto (e un prezzo al chilo o al litro più basso) bisogna recarsi in un altro supermercato.

In ultima, bisogna considerare che sugli scaffali è possibile trovare anche formati specifici e differenti per i multipack in promozione speciale. Al netto di una logica di assortimento dei singoli negozi, sembra che questa modalità finisca per "stordire" il consumatore rendendo difficile effettuare una comparazione dei prezzi di singoli prodotti, quindi di compiere scelte pienamente consapevoli.

Uno dei casi più segnalati riguarda Barilla. Una confezione del formato classico di fusilli (500 grammi) costa 0,99 euro, mentre una di integrali arriva a 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto alle versioni precedenti) al prezzo di 1,35 euro.

Confezioni diverse per i formati speciali. Acquistando un pacco di Gocciole Caramel il rischio è di spendere fino al 116% in più rispetto alla ricetta classica (500 g.), pagando i biscotti nella variante al caramello oltre 9 €/kg, con 200 grammi di prodotto in meno.

Un altro caso riguarda i biscotti Krumiri classici (Bistefani). Rispetto al 2018 il prezzo a confezione è rimasto invariato (circa 1,80 euro), ma il peso si è ridotto di 10 grammi, passando da 300 a 290 grammi. Il prezzo al kg sale da circa 6 euro a quasi 6,20 euro.

Ci sono poi i prodotti venduti in formati diversi, come le Dash Allin1Pods. A seconda del punto vendita, è possibile acquistare confezioni da 25, 26 o 27 lavaggi. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo, proprio a causa dei formati differenti.

Uno dei casi più segnalati riguarda Barilla. Una confezione del formato classico di fusilli (500 grammi) costa 0,99 euro, mentre una di integrali arriva a 1,29 euro. Se invece si sceglie la nuova linea "Al bronzo" è possibile trovare solo confezioni da 400 grammi (100 grammi in meno rispetto alle versioni precedenti) al prezzo di 1,35 euro.

Confezioni diverse per i formati speciali. Acquistando un pacco di Gocciole Caramel il rischio è di spendere fino al 116% in più rispetto alla ricetta classica (500 g.), pagando i biscotti nella variante al caramello oltre 9 €/kg, con 200 grammi di prodotto in meno.

Un altro caso riguarda i biscotti Krumiri classici (Bistefani). Rispetto al 2018 il prezzo a confezione è rimasto invariato (circa 1,80 euro), ma il peso si è ridotto di 10 grammi, passando da 300 a 290 grammi. Il prezzo al kg sale da circa 6 euro a quasi 6,20 euro.

Ci sono poi i prodotti venduti in formati diversi, come le Dash Allin1Pods. A seconda del punto vendita, è possibile acquistare confezioni da 25, 26 o 27 lavaggi. Questa modalità non permette al consumatore di fare valutazioni univoche e di comparare in maniera efficace i prezzi di uno stesso articolo, proprio a causa dei formati differenti.

C'è un modo per difendersi da questo fenomeno? Un'arma che possiamo utilizzare è l'attenzione. Quando siamo al supermercato è sempre bene valutare il formato del prodotto che stiamo per acquistare, cioè il peso o il volume, e controllare il prezzo al kg o al litro, così da capire effettivamente quanto stiamo spendendo in proporzione alla quantità di prodotto che mettiamo nel carrello. Le promozioni speciali o i pacchi in formato famiglia possono essere un'alternativa per chi vuole risparmiare, ma è sempre bene valutarne l'effettiva convenienza considerando il prezzo al kg o al litro, oltre che la corrispondenda delle quantità alle reali necessità di consumo.

Il fenomeno della shrinkflation impatta ancora una volta sulle tasche dei consumatori italiani, riducendo così il loro potere d'acquisto. Un ulteriore fattore che pesa in un momento in cui in tanti fanno già i conti con il rincaro generalizzato dei prezzi al consumo. Per questo Altroconsumo ha lanciato una petizione per dire no al caro-spesa: chiediamo al Governo di vigilare sui rincari e di estendere e rendere accessibili a più persone i buoni spesa già esistenti. 

Firma per dire no al caro-spesa

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