Bonus 110%, ferme le cessioni dei crediti. Cosa fare se hai già iniziato i lavori | Altroconsumo

2022-07-30 04:21:27 By : Ms. Sarah Zhang

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La cessione del credito sta vivendo un momento di stallo perché le banche non accettano più crediti d’imposta avendo finito la disponibilità finanziaria per compensarli con le proprie imposte. La soluzione è nel decreto Aiuti attualmente in discussione, ma ecco cosa succede a chi ha già iniziato i lavori, a chi ha già fatto richiesta e cosa si può fare se l'impresa vuole recedere dal contratto.

Diverse banche, tra cui colossi come Intesa San Paolo, hanno già dichiarato che non accetteranno più (almeno per il momento) cessioni del credito. Infatti, poiché le banche di fatto utilizzano i crediti d’imposta che acquistano per pagare le proprie imposte, al pareggio tra imposte e crediti non c’è più convenienza per questi soggetti ad acquistare “denaro” che non possono spendere o investire.

 Il Decreto Aiuti che verrà convertito a breve, sembra aver individuato nella cessione dei crediti delle banche ai propri correntisti “qualificati”, ovvero a tutti quei soggetti diversi dalle persone fisiche, come imprese e professionisti, che potranno acquistare i crediti d’imposta per compensarli con le proprie imposte, senza facoltà di ulteriore cessione.

Al lato pratico per il consumatore non cambia nulla, ma la situazione potrebbe sbloccarsi.Nel frattempo, tuttavia, ci si chiede che cosa succede adesso a chi ha già richiesto i fondi per le ristrutturazioni o addirittura a chi ha già praticamente le impalcature davanti a casa e teme di vedersi i lavori lasciati a metà. Vediamo quindi caso per caso come comportarsi sia quando i lavori sono già iniziati, sia se si ha già firmato il contratto e si è in attesa di una risposta dalla banca sulla cessione del credito.

Per i lavori già iniziati che hanno ricevuto tutte le autorizzazioni dell’Enea e hanno concluso un accordo di cessione del credito con una banca, non dovrebbero esserci eccessivi problemi; da un lato le  banche che già si sono impegnate con contratti di cessione del credito non si possono tirare indietro senza farsi carico dei danni che causerebbero a imprese e consumatori con il loro recesso, allo stesso modo il Governo dovrà intervenire con opportuni provvedimenti per finanziare in qualche modo le pratiche accettate.

Per coloro che hanno stipulato il contratto con l’impresa e attendono la risposta della banca per la cessione del credito, è ancora possibile bloccare tutto in attesa di sapere cosa deciderà il Governo. Se il contratto di appalto dei lavori prevede l’accettazione dei lavori o la partenza del cantiere solo una volta che la banca ha accettato la cessione del credito, i lavori non partono e si restituiscono eventuali caparre o anticipi sulla base di quanto stabilito dal contratto. 

Anche nel caso in cui il contratto non prevedesse nulla, le parti possono accordarsi per rinegoziare le condizioni di contratto o anche decidere di risolverlo. In entrambi i casi, le parti si possono accordare per sospendere il contratto in attesa dei nuovi provvedimenti del Governo.

Se i lavori sono già iniziati ma manca la concessione del credito bancario, la questione è più complessa; nel caso in cui l’impresa abbia anticipato con risorse proprie l’inizio dei lavori, temendo ora di non riuscire a rientrare nei costi, potrebbe decidere di bloccare il cantiere. 

In questa ipotesi bisognerà fare riferimento al contratto di appalto e vedere cosa prevede per l’ipotesi di ritardo nei lavori o per il "recesso" da parte dell'impresa: se l’amministratore è stato previdente il condominio avrà richiesto la sottoscrizione, a carico dell’impresa, di una polizza a copertura degli eventuali danni di questo tipo. Anche in questo caso, comunque, sia il cliente sia l'appaltatore, possono chiedere la revisione o risoluzione del contratto.

Nel caso in cui solo una parte dei lavori abbia già ricevuto il finanziamento, impresa e committente possono decidere di eliminare parte dei lavori deliberati, ma non ancora iniziati, e operare di comune accordo una riduzione del contratto.

Se non si trova un accordo e gli obblighi di una delle parti sono divenuti eccessivamente onerosi a causa di avvenimenti straordinari e imprevedibili, come avviene proprio in questi casi, la parte che deve eseguire la prestazione può domandare la risoluzione del contratto per "eccesiva onerosità sopravvenuta". Sia i condomini che dovessero trovarsi nell’impossibilità di affrontare le spese, sia l’impresa che non riesce a stare nei costi, possono fare ricorso al giudice.

Infine, tenendo conto anche di tutte le speculazioni sui prezzi alle quali abbiamo assistito in questi mesi, potrebbe essere interessante per il cliente, chiedere la cosiddetta "riduzione ad equità del contratto", ovvero, invece di chiedere il recesso, il cliente potrebbe proporre di riportare il valore economico delle prestazioni contrattuali ad un giusto valore di scambio.

Nel caso in cui venisse rilevata l'assenza dei requisiti per accedere ai benefici fiscali, il recupero dell'imposta dovuta e le conseguenti sanzioni sarebbero a carico del contribuente. Tuttavia, il contribuente potrà ottenere il risarcimento del danno subito, chiamando in causa, a seconda dei casi, l’impresa che non ha rispettato le regole o il professionista che ha predisposto l’asseverazione delle opere in maniera non conforme alla legge. Resta invece molto poco probabile il rischio di incorrere in sanzioni a causa di cambiamenti con effetti retroattivi della legge.

Una ulteriore possibilità è data a chi ha a disposizione amici o parenti con cui è in buoni rapporti che, meglio a fronte di una scrittura privata, si rendono disponibili ad acquistare il credito d’imposta per inserirlo nella propria dichiarazione dei redditi. In pratica, vanno rispettate tutte le prescrizioni di legge, quindi la comunicazione della cessione del credito all’Agenzia delle entrate e l’ottenimento dell’asseverazione e del visto di conformità, la differenza è che chi accetta di utilizzare la detrazione è una persona fisica. Facciamo attenzione, perché a fronte dell’anticipo di liquidità necessaria a coprire le spese, chi riceve il credito d’imposta deve avere la capienza di imposte necessaria a recuperare la detrazione in 4 anni. Questa strada quindi è più facilmente percorribile in caso di lavori non particolarmente onerosi, basti pensare che a fronte di una spesa di 100.000 euro, la detrazione da recuperare in 4 anni è di 27.500 euro all’anno, che corrispondono a un reddito lordo di circa 80.000 euro annui.

In alternativa alla cessione del credito, resta sempre la possibilità di utilizzare la detrazione delle spese fino al 110%. Ciò significa che i lavori dovranno essere pagati subito, ma poi si potrà ottenere una detrazione delle spese del 110%. A seconda dell’anno di sostenimento della spesa cambia la suddivisione della detrazione:

È chiaro che per scegliere questa opzione serve liquidità; nel caso si può pensare di fare un prestito o un mutuo di ristrutturazione. In questo articolo trovi tutte le informazioni per capire se conviene e su come sceglierlo bene.

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